Alle fonti dell’antica gnosi: il Libro Segreto di Giovanni

Il Libro Segreto (o Apocrifo) di Giovanni è un testo gnostico sethiano, rinvenuto nella Biblioteca di Nag Hammadi in Egitto, in 3 manoscritti in traduzione copta; un altro manoscritto sempre in versione copta è compreso nel Codice Gnostico di Berlino 8502. La datazione del testo originale deve essere attribuita intorno al II sec. d.C.

La letteratura gnostica sethiana ha la caratteristica di essere solo marginalmente influenzata dalla rivelazione cristiana, attingendo largamente a tradizioni apocrife veterotestamentarie o anche greche (principalmente dalle scuole platoniche, ad es. sul demiurgo).

Al contrario, la letteratura gnostica valentiniana predilige la reinterpretazione dell’evento storico cristiano alla luce dei concetti gnostici.

Nelle comunità gnostico-cristiane dei primi secoli, questo scritto apocrifo, contemporaneo o di poco posteriore al quarto evangelo canonico, doveva essere forse considerato come la continuazione “segreta” del vangelo di Giovanni, riservata agli iniziati ai misteri della conoscenza (“gnosis”).

Come vedremo più avanti, la trinità gnostica ha connotati diversi da quella ortodossa: padre, figlio e madre (spirito santo). La terza persona è interpretata (almeno in parte) come femminile anche perché in greco la parola “pneuma” (spirito) è di genere femminile.

La pura Luce, che emana dal padre, è condivisa dal figlio e dalla madre, e contrasta con le tenebre della materia corruttibile. Nell’uomo, essere materiale, è contenuta una scintilla della luce divina, che dovrà riunirsi al regno eterno della luce dopo un ciclo più o meno lungo di reincarnazioni, fino alla purificazione spirituale (concetto recepito probabilmente dalle religioni di origine indiana i cui echi si propagavano nel vicino Oriente).

Da un punto di vista esistenziale, all’origine di queste costruzioni simboliche c’è un pessimismo cosmico radicale, una concezione della vita come di un inferno in terra, e l’aspirazione ad una vita spirituale in un mondo completamente diverso, che solo chi è dotato di sensibilità superiore può raggiungere.

 

Il Libro Segreto di Giovanni narra delle origini, caduta e salvezza del mondo. Si apre in stile discorsivo con un dialogo tra l’apostolo Giovanni e un fariseo di nome Arimanios (nome grecizzato che richiama il nome persiano della divinità zoroastriana malvagia Ahriman, associandola qui al fariseismo ebraico). Lo scetticismo del fariseo sulla dottrina del Nazareno spinge l’apostolo ad approfondire la sua conoscenza attraverso l’insegnamento del Salvatore, cominciando dalla pura essenza del grande spirito invisibile, il Dio più grande di un dio, padre di tutto, pura Luce incorruttibile che nessun occhio può guardare.

L’Uno, lo spirito invisibile, ha sette predicati, egli è: illimitabile, insondabile, incommensurabile, invisibile, eterno, inesprimibile, innominabile.

Il suo pensiero generò la sua immagine Barbelo, Madre divina, prima emanazione del Padre, prima potenza, immagine dello spirito vergine, invisibile e perfetto. Barbelo che è ènnoia e prònoia, pensiero e provvidenza, padre-madre, spirito santo, tre volte maschio, tripla potenza, androgino dai tre nomi, il primo ad avere origine.

Barbelo chiese di essere dotata di provvidenza, di preveggenza, d’incorruttibilità, di vita eterna, di verità. Questi sono i cinque regni androgini (e perciò sono doppi, cioè dieci) che sono nel padre.

E il Padre, puro spirito vergine invisibile, generò, per mezzo dello spirito santo, che è la sua immagine Barbelo, in una scintilla di luce divina, il figlio unico del padre e del padre-madre, l’unico discendente, la pura luce.

Per mezzo della Luce, che è l’Unto, quattro luminari e tre esseri emanano dal Dio autoconcepito. I tre esseri sono volontà, pensiero e vita. Le quattro potenze sono: capacità di comprendere, grazia, percezione e raccoglimento.

I quattro luminari sono:

Harmozel, che è il primo angelo, e nel cui regno eterno dimora Grazia. Con questo sono altri tre regni: grazia, verità, forma.

Oroaiel, con i tre regni: Epìnoia (pensiero posteriore), percezione, memoria.

Daveithai con i tre regni: intelletto, pace, Sophia (sapienza).

Eleleth con i tre regni: perfezione, pace, Sophia.

Questi sono i quattro luminari e i dodici regni eterni di fronte all’unto, figlio del grande autoconcepito, e a lui appartengono.

Per sua volontà e per volontà dello spirito invisibile venne Pigeradamas (Adamo), l’umano perfetto, assegnato al primo regno eterno a fianco del primo luminario, Haramozel. Suo figlio Seth fu assegnato al secondo regno eterno, a fianco del secondo luminario, Oroaiel. Nel terzo regno eterno, a fianco del terzo luminare Daveithai, fu posta la discendenza di Seth, le anime dei santi. Nel quarto regno eterno furono poste le anime di chi non sapeva del pleroma. Costoro non si pentirono subito ma solo dopo, e poi andarono dal quarto luminare Eleleth. Tali sono le creature che rendono gloria al grande spirito invisibile.

Sophia (uno dei dodici regni eterni) concepì da un suo proprio pensiero, senza il consenso dello spirito invisibile. Voleva generare qualcosa che le fosse simile tentando di imitare l’atto autogenerativo del padre. Il maschio non acconsentì ed ella generò all’insaputa del compagno. Ella generò Yaldabaoth, diverso da lei nell’aspetto, fonte di tutti i mali e le sventure di questo mondo, con il corpo di serpente e il muso di leone, gli occhi scintillanti come lampi. Lo gettò fuori dal suo regno perché nessun immortale lo vedesse, tranne lo spirito santo, che è detto madre dei viventi.

Yaldabaoth è il primo arconte. Congiungendosi con la propria demenza, generò dodici autorità (che secondo alcune tradizioni corrispondono ai docici segni zodiacali):

Athoth, Harmas, Kalila-Oumbri, Yabel, Adonaios, chiamato Sabaoth, Caino, chiamato il Sole, Abele, Abrisene, Yobel, Armoupieel, Melcheir-Adonein, Belias, signore degli inferi.

Yaldabaoth pose sette re (arconti), uno per ciascuna sfera del cielo, per regnare sui sette cieli. A ciascuno diede il fuoco ma non condivise con loro il potere della Luce che aveva preso da sua madre. Perché lui è tenebra di ignoranza. La luce si mischiò con la tenebra e ne venne il buio. Questo arconte buio infatti ha tre nomi: Yaldabaoth (figlio del caos), Sakla (stolto) e Samael (dio cieco).

Yaldabaoth è malvagio nella sua demenza. Disse: “Sono Dio e non vi è altro dio all’infuori di me”, poiché non sapeva da dove era venuta la sua potenza.

Gli altri arconti sono sette: Athoth, faccia di pecora, Elaios, faccia d’asino, Astaphaios, faccia di iena, Yao (=Yahweh), faccia di serpente a sette teste, Sabaoth, faccia di serpente, Adonin, faccia di scimmia, Sabbataios, faccia di fuoco e fiamme. Corrispondono ai sette giorni della settimana.

Ciascun arconte creò sette potenze, e ciascuna potenza creò sei angeli, fino a raggiungere il numero di 365, come i giorni dell’anno.

Yaldabaoth ha molte facce, in modo da poter mostrare quale faccia gli piace mentre sta tra i serafini. Con loro spartì il suo fuoco a causa della potenza gloriosa che aveva dalla luce di sua madre. Per questo chiamò se stesso Dio e corruppe il luogo dal quale veniva.

Quando parlò, fu fatto.

Diede un nome a ciascuna delle sette potestà: bontà, Athoth; provvidenza, Elaio; divinità, Astaphaio; signoria, Sanbaoth; gelosia, Adonin; intelletto, Sabbateon.

Così Yaldabaoth creò l’ordine del mondo, ma non aveva conosciuto gli incorruttibili, perciò avrebbe portato distruzione e perdita di potere.

Vedendo la creazione e la schiera di angeli intorno a sé, Yaldabaoth esclamò ”Sono un dio geloso e non c’è altro dio all’infuori di me”. Ma in questo modo suggeriva agli angeli che un altro dio vi fosse. Perché se non vi fosse altro dio, di chi avrebbe dovuto essere geloso?

Pensava così perché era ignorante e arrogante, dato che aveva preso potenza da sua madre. Nella sua materialità non poteva arrivare alla conoscenza della divinità inaccessibile.

Allora la madre Sophia si pentì e prese a vagare, senza osare far ritorno nel regno degli incorruttibili. Comprese che suo figlio era un aborto di tenebra, venuto in essere in maniera imperfetta non essendosi lei congiunta al suo compagno. Tutto il pléroma (il regno della pienezza) udì la sua supplica di perdono e implorò l’invisibile spirito vergine. Lo spirito acconsentì e la asperse di un poco della pienezza del tutto ed ella fu condotta non al regno eterno ma in una posizione intermedia sovrastante suo figlio Yaldabaoth. Doveva restare al nono cielo finché non avesse colmato la sua lacuna.

Quando apparve il primo uomo il regno del primo arconte si scosse e le fondamenta dell’abisso tremarono. Il mondo, fino al fondo delle acque, fu illuminato dalla sua immagine.

Egli apparve per volontà dell’elevato regno celeste, ma il primo arconte se ne inorgoglì pensando che provenisse da sua madre. Disse alle autorità che erano con lui: “Venite, facciamo un essere umano a immagine di Dio e a nostra somiglianza, così che questa immagine umana ci dia la luce”.

Ciascuna delle autorità contribuì a dare un particolare fisico e/o psichico dell’essere umano.

Segue un elenco interminabile di autorità, potenze, angeli, cherubini, demoni, ecc., dai nomi per lo più aramaici e copti, ciascuno dei quali crea un singolo dettaglio fisico (vertebre, tendini, avambraccio sinistro, genitali, tibia destra, ugola ecc.), una qualità dell’animo umano, una particolare capacità di movimento, di impulso, di controllo della materia, di emozione, di virtù e vizi ecc. per assemblare l’essere umano e dargli un corpo materiale e psichico.

Segue la storia di Adamo. L’uomo era fatto ma non si muoveva perché in lui non c’era lo spirito. Yaldabaoth, nella sua ignoranza, soffia in lui lo spirito della vita ma non sa che tale spirito viene dalla potenza di sua madre Sophia per volontà della madre-padre di tutto. In questo modo perde la potenza che viene trasferita dentro al corpo psichico dell’uomo. Adamo riceve la luce ed è più intelligente dei suoi creatori e del primo arconte. Allora questi presero Adamo e lo scagliarono nella

parte più bassa della materia. La madre-padre ne ebbe compassione e inviò a lui una scintilla della luce e la pienezza della vita e della discendenza. In sostanza Adamo passa dalla sostanza inanimata alla vita materiale, poi a quella psichica e infine alla vita spirituale.

Gli arconti, accecati dalla tenebra dell’ignoranza, portano Adamo in una caverna (o tomba), nell’ombra della morte, per forgiare con acqua, fuoco, terra e aria (i quattro elementi degli antichi) una figura simile a lui. Ma non hanno la potenza dello spirito invisibile, possono solo ricoprire l’anima dell’uomo di un corpo fatto di stracci materiali e mortali, ceppi dell’oblio.

Gli arconti pongono Adamo in paradiso dicendogli di mangiare dell’albero della vita che è al centro del paradiso. Ma il loro piacere è una trappola, i loro alberi sono un sacrilegio, il loro frutto è veleno mortale, la loro promessa è morte, la loro ombra è odio, la sua radice è amara, il suo seme è desiderio e germoglia nella tenebra (per dire in quale considerazione tenessero la vita…).

Gli arconti tengono Adamo lontano dall’altro albero, quello della conoscenza del bene e del male, che è intelletto illuminato, così che Adamo non possa scorgerlo e riconoscere la propria nudità (intesa non solo in senso materiale).

Diversamente da altre tradizioni gnostiche (ofiti), qui il salvatore insegna che non fu il serpente a salvare Adamo dall’abisso dell’ignoranza, bensì il suo stesso discernimento illuminato, ispiratogli dal salvatore stesso.

Il primo arconte voleva recuperare la potenza che rendeva Adamo superiore di intelletto, così lo indusse in un sonno profondo (simbolo dell’intorpidimento che impedisce di discernere), e l’intuizione illuminata si nascose in Adamo.

Allora il primo arconte prese una parte della potenza di Adamo (ma non fu come disse Mosè, la costola di Adamo) e con questa forgiò una creatura femminile. Al vedere la donna al suo fianco Adamo recupera l’intuizione illuminata e cade il velo che copriva la sua mente.

Qui vengono ripresi alcuni versetti della Genesi (carne della mia carne ecc.) e la donna è vista come sophia che completa l’intelletto maschile destandolo dal fondo del sonno. Ma bisogna dire che la maggior parte degli scritti gnostici intendono la donna come essere negativo, simbolo della materialità della procreazione che attrae l’uomo verso l’abisso dell’ignoranza, distogliendolo dalla elevazione spirituale.

Il malvagio Yaldabaoth, vedendo che gli umani si erano allontanati da lui e gli avevano disobbedito, li maledì e li scagliò fuori dal paradiso ricoprendoli di tenebra profonda.

Poi si sentì attratto dalla donna, la corruppe e con lei generò due figli: Elohim e Yahweh, (due dei nomi ebraici di Dio), uno con faccia d’orso, l’altro con faccia di gatto, uno giusto, l’altro ingiusto, e li chiamò coi nomi di Caino (il giusto) e Abele (l’ingiusto).

Prepose questi due arconti agli elementi, così che potessero regnare sulla caverna (tomba).

A causa del primo arconte il rapporto carnale ha persistito fino ad oggi, seminando il desiderio nella donna e producendo corpi duplicati che portano il soffio dello spirito falso di Yaldabaoth.

Ma Adamo produsse un figlio che è come il figlio dell’umanità, il grande Seth, generato secondo l’uso dei regni eterni della pienezza (qui il testo è oscuro).

Il primo arconte fece bere agli umani acqua d’oblio, così che non sapessero donde erano venuti. Ma il seme rimase, così che quando lo spirito discende dai regni santi possa coltivarlo e fornirgli ciò che gli manca, perché il regno della pienezza sia santo e non manchi di nulla.

Da qui riprende la narrazione in stile discorsivo con domande e risposte tra l’apostolo e il Salvatore.

Vengono fornite spiegazioni sulla salvezza delle anime e sulle origini della caduta del mondo nella schiavitù della materialità tenebrosa, con reinterpretazioni di alcuni passi della Genesi.

Coloro sui quali discenderà lo spirito saranno salvati nella luce santa se si faranno perfetti nel dominio delle passioni. Essi guardano allo spirito mentre indossano la carne, e sono pronti alla lotta per ricevere la vita eterna.

Coloro sui quali è disceso il potere e lo spirito della vita, riceveranno anch’essi lo spirito della luce, ma se saranno sviati dal falso spirito e dalle azioni malvagie, si perderanno.

L’anima che vince lo spirito spregevole è forte, e per mezzo dell’incorruttibile scampa dal male, è salvata e perviene all’eterno riposo.

Ma le anime di coloro che non sanno a chi appartengono saranno preda dello spirito spregevole che le condurrà ad azioni malvagie e le scaglierà nell’oblio. Dopo che l’anima lascia il corpo sarà consegnata alle autorità dell’arconte che la getteranno in prigione in ceppi. Solo quando si desta dall’oblio e acquisisce conoscenza, essa giunge alla perfezione ed è salva. Altrimenti dovrà tornare a nascere dal ventre materno (reincarnarsi) e se sarà salvata per merito di un’altra anima in cui dimora lo spirito della vita, sarà salva e non sarà più scagliata nella carne.

La madre-padre, lo spirito santo misericordioso e compassionevole, innalzò l’umano alla luce del pensiero superiore, e il primo arconte ne fu invidioso e volle impossessarsene. Con le sue autorità e le sue potenze fornicò con Sophia, e produsse il destino amaro che ci tiene in schiavitù, più forte degli dèi, angeli e demoni, padrone di tutto. Dal destino viene ogni iniquità, ingiustizia, bestemmia, paura, peccato, schiavitù d’oblio e ignoranza.

Così l’intero creato è stato accecato perché non conoscesse il vero Dio che sta al di sopra di tutto.

Il primo arconte si pentì di ciò che aveva creato e mandò un diluvio. Ma lo spirito della Luce avvertì Noè che salvò la sua discendenza, mentre gli estranei non lo ascoltarono. Così la generazione indistruttibile si salvò nascondendosi non su un’arca come disse Mosè (cioè la Bibbia), bensì in posto segreto che l’arconte non conosceva, e da lì in una nube splendente e che lo spirito illuminato aveva preparato per loro.

Il primo arconte mandò i suoi angeli per prendersi le figlie umane per il loro piacere. All’inizio non ci riuscirono. Allora mandarono loro uno spirito spregevole per corrompere le loro anime e mutarono il loro aspetto in modo da sembrare i loro compagni umani, e le colmarono di spirito di tenebra e di male. Da loro generarono figli simili a loro, dalle menti ottuse per via dello spirito spregevole.

Corruppero il mondo con l’oro, l’argento e ogni tipo di doni, portando inganni e affanni all’umanità. Quelli che li seguirono invecchiarono senza conoscere il piacere e morirono senza conoscere la verità e senza sapere del vero Dio. Così il creato fu messo in ceppi per sempre, fino al giorno della salvezza.

Qui inizia l’Inno del Salvatore. E’ riportato soltanto su due dei manoscritti di Nag Hammadi. Si tratta di un inno antichissimo, precedente alla redazione del Libro Segreto di Giovanni in cui è stato poi inserito, di sicura origine precristiana. Riferito in origine alla madre divina salvatrice, è stato poi cristianizzato con riferimento al Gesù gnostico.

Il Salvatore, abbondanza della luce e rimembranza della pienezza, pensiero dello spirito vergine, provvidenza perfetta che si è mutata nella sua discendenza, parla in prima persona raccontando di come discese tre volte nei regni della tenebra fino a giungere nel mezzo della prigione (il corpo) e sino negli inferi, per compiere il suo compito, nascondendosi dagli arconti per non farsi riconoscere, poi ritornando in fretta al regno della luce perché le fondamenta del caos, scosse dalla sua presenza, non crollassero sull’umanità. Infine rivelandosi con volto radioso e proclamando che chi è prigioniero del corpo di desti dal sonno profondo, chiamando gli uomini per nome e infondendo la speranza a chi è prigioniero nella schiavitù della prigione.

Esorta l’umanità a risvegliarsi dal sonno profondo, a ricordarsi della sua origine, a cercare la sua radice, guardandosi dagli angeli di miseria, dai demoni del caos, dai richiami del desiderio, dalla trappola nei visceri dell’inferno.

Infine innalza e sigilla la persona che piange ascoltando la sua chiamata in acqua luminosa con cinque sigilli, che la morte non possa più prevalere sulla persona.

Ora il Salvatore ha finito di dare i suoi insegnamenti a Giovanni e può ascendere al regno perfetto.

Giovanni è depositario di un mistero da testimoniare “in segreto” ai suoi compagni spirituali, gli iniziati alla disciplina della gnosi.

Informazioni su POPVLARES

Nato a Iulia Augusta Taurinorum, di origini osco-sannite e Romano-bizantine. Credo vivamente nei valori dell'Humanitas e in una Patria Romana e Socialista.
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3 risposte a Alle fonti dell’antica gnosi: il Libro Segreto di Giovanni

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  2. directorioadultos ha detto:

    dove trovo questo libro?

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